Non ho mai avuto l'amica del cuore. Tutt'al più ho avuto amiche occasionali di convenienza. Convenienza solidale, non economica, naturalmente.
Devo dire che non sono fatta per il gineceo e non riesco a legare con il genere femminile che troppo spesso percepisco frivolo nella conversazione e negli atteggiamenti. Purtuttavia riconosco che ci sono donne capaci, dotate di grande forza mentale e grande forza d'animo.
Io sono espansiva per natura e sincera (spesso anche troppo), e socializzo facilmente, ma non mi aspetto dagli altri altrettanta benevolenza. La vita mi ha insegnato a relazionarmi con accortezza e a non essere invadente; perciò volentieri prendo le persone quando e come vengono e le lascio senza rammarico quando se ne vanno.
Non c'è alterigia o egoismo in questo mio modo "conveniente" di rapportarmi agli altri.
In gioventù non avevo pregiudizi ma nel tempo, e specialmente nell'ambiente di lavoro, mi sono trovata a dover fare i conti con i comportamenti insinceri ed opportunistici del mio prossimo ed ho maturato un atteggiamento mentale di cautela.
Provo qui a ripercorrere a grandi passi il mio trascorso lavorativo, cercando di spiegare perché non mi riesce di relazionarmi spassionatamente.
Non potevo accettare una tale discriminazione ed ho voluto misurarmi con il genere maschile sui lavori di concetto e sui rapporti con la clientela, riuscendovi benissimo peraltro. Tant'è che per più di trent'anni ho lavorato con bravura nel settore "impieghi", nell'assistenza creditizia alle imprese.
(che stress dover essere brava due volte per ottenere credito da parte di maschi arroccati su una atavica mentalità borbonica !!)
In banca, durante i lontani primi due anni sono stata praticamente unica donna, giovanissima, in mezzo ad una trentina di marpioni. C'erano sì persone qualificate e stimabili, ma i più erano uomini di poca levatura: c'erano squallidi, fannulloni, leccaculo, sboccati e puttanieri. C'era chi andava fuori misura con la lingua e con le mani, ma io mi difendevo benissimo. Avevo adottato il principio secondo cui "la miglior difesa è l'attacco" e mi riusciva di spiazzare i maldestri provocatori con la tecnica del rilancio. In questo "gioco" avevo dalla mia parte un collega gay, intelligente e schietto, a cui raccontavo avventure e disavventure.
Via via sono arrivate altre donne (ben poche con la "D" maiuscola) .... e sono incominciate tresche, maldicenze, ostentazioni, rivalità, dispetti .... e l'aria è divenuta pesante.
Ho respirato quell'aria inquinata per tanti anni e qualche pugnalata alle spalle l'ho ricevuta. Ero invidiata (dalle donne soprattutto) per la considerazione di cui godevo, e forse anche per la mia femminilità.
Se non si ha spirito di adattamento e nervi saldi, anche negli ambienti amministrativi ci si può ammalare. Buona regola è fare bella faccia a cattivo gioco e tenere le distanze dalle vicende altrui; essere più arbitri che giocatori e concepire i rapporti interpersonali in modo convenzionale.