venerdì 8 agosto 2008

MIO NONNO PASTORE


In passato non c'era dialogo tra genitori e figli, e mia madre Maria poco sa di suo padre Luigi. Sa per certo quanto sta scritto sulla sua lapide in cimitero : "nato nel 1885 - morto nel 1950".

Più volte le ho chiesto di mio nonno che non ho conosciuto, e lei sempre ha risposto: "veniva dalle Basse" (intendendo per "Basse", la Bassa padana veneta). E' credibile che mio nonno venisse dalle basse paludose terre del delta del Po, perché mia madre ha l'anemia mediterranea, malattia che ha trasmesso alle mie cinque sorelle (solo io non sono talassemica).

Mamma Maria racconta che suo padre, con un fratello ed un gregge, giunse e si stabilì nel paesino della campagna noalese dove lei è nata e cresciuta, e dove tuttora risiede.
Dunque, il mio nonno materno fu pastore.
Lui e suo fratello smisero di pascolare il gregge, divennero muratori e presero moglie.
In uno spicchio di terra selvatica che aveva un lato sul fiume Muson, costruirono una modesta dimora composta di quattro piccole stanze su due piani: camera e cucina per la famiglia dell'uno, camera e cucina per la famiglia dell'altro. Il cesso era fuori, nel cortile che dava sul fiume: una buca per terra riparata da poche malferme assi di legno.

Mio nonno ebbe cinque figli, due maschi e tre femmine, una delle quali morta piccolissima; suo fratello ne ebbe sette, due maschi e cinque femmine.
Due famiglie, quindici anime, tutte in quella piccola casa sul fiume? Si e no.
Il fratello di mio nonno rimase vedovo; si ammalò di stenti e, ancora giovane, anche lui lasciò questo mondo, la casa ed i figlioli. I piccoli orfani furono adottati da mio nonno Luigi e così, in quella casa, le famiglie non erano più due, ma una, numerosa e insostenibile.
La miseria era tanta e non c'era posto per tutti; così le femmine, fatti i dieci anni, dovettero essere mandate "a servizio" presso famiglie benestanti e, a casa, tornavano una volta l'anno.
A mia madre, l'ultima nata, toccò di andare a Firenze in una famiglia che la trattava male. Piangeva sempre e la sgridavano sempre. Per lei il "servizio" durò poco; venne rispedita a casa e dovette andare a lavorare "in fornace", a portar carriole.

Io, molto piccola, andavo nella casa della nonna che viveva con i maschi "zitelli" e ricordo la cucina con il profondo nero focolare dove era sempre viva la brace e da cui pendeva un grande paiolo di rame. Ricordo che andavo sulla riva del fiume, sul pontile che fungeva anche da lavatoio, protesa nell'acqua a giocare con i girini. Non c'era il senso del pericolo. C'era l'Angelo Custode!