venerdì 31 ottobre 2008

www.lucydellaribalta.com

Questo mio blog ha compiuto un anno.

Con piacere, qui ho postato questioni vere, attinenti la mia vita, il mio pensare e le mie passioni. Un lavoro fatto con l'animo amichevole di chi si fa incontro per stringere la mano.
Nella mia mente, il blog doveva essere una specie di forum dove raccontare esperienze particolari e ragionarvi sopra. Durante l'anno, parecchie persone sono arrivate nel mio spazio, ma pochissime hanno lasciato il segno; pochissime si sono sintonizzate sulla mia lunghezza d'onda ed il mio blog va somigliando ad una raccolta di memorie personali fini a sé stesse.

Non ho una grande dimestichezza con internet ma, per quanto l'ho frequentato, mi sento di affermare che esso ha una valenza più consumistica che solidale; è un eccezionale sregolato mezzo di diffusione che richiede una responsabile capacità di discernimento; non è un centro di formazione culturale e di crescita civile perché non si sviluppa nel confronto dialettico. E' vero che esistono i forum, ma sovente chi scrive lo fa per il solo gusto di leggersi o di provocare; si blatera con spirito polemico e non propositivo. Funzionano le chat, dove i "poveri di spirito" si scambiano frettolose insulse battute. Funzionano i blogs solo se fanno capo a nomi noti e se sono orientati ideologicamente.

Il mio tentativo di confrontarmi con altri su tematiche del vivere comune, pare fallito. Quindi, ho deciso di sospendere la trasmissione su "Lucy della ribalta".
Mi spiace per JUL che, il giorno del mio compleanno, mi ha carinamente regalato il sito www.lucydellaribalta.com dove tutto il contenuto di questo blog è stato travasato. Ha fatto un buon lavoro e per questo lo ringrazio. (Mi piace molto come ha interpretato il mio segnale di "stop": affonda ... o emerge???)
Lui si aspetta che io passi al nuovo sistema ma io, imbranata dilettante, non ho ancora capito la differenza fra scrivere in un blog e scrivere in un sito e non so profittare di questa diversa forma di comunicazione.

Come ho detto, mi sento demotivata. Però non finisce qui, perché ho deciso di comunicare per immagini, senza aspettative di riscontro. Ho creato una duplicazione di questo blog aprendo una "rassegna fotografica" dove pubblicare servizi a tema e documentare eventi. Peraltro, la fotografia mi prende parecchio; mi gratifica; mi porta ad osservare ogni cosa con occhio critico; mi libera la mente; è un efficace ansiolitico che allontana le paturnie. Porto quasi sempre con me, in borsetta, una piccola macchina fotografica digitale, con cui catturo colori, forme, fenomeni, curiosità ecc.
Per il mio compleanno, mio marito mi ha regalato una nuova fotocamera digitale (una Nikon reflex con dotazione) che ho difficoltà ad usare perché la trovo complicata ed ingombrante.
Mi devo scusare con lui che contava di farmi cosa gradita e non gli sto dando soddisfazione.

venerdì 8 agosto 2008

MIO NONNO PASTORE


In passato non c'era dialogo tra genitori e figli, e mia madre Maria poco sa di suo padre Luigi. Sa per certo quanto sta scritto sulla sua lapide in cimitero : "nato nel 1885 - morto nel 1950".

Più volte le ho chiesto di mio nonno che non ho conosciuto, e lei sempre ha risposto: "veniva dalle Basse" (intendendo per "Basse", la Bassa padana veneta). E' credibile che mio nonno venisse dalle basse paludose terre del delta del Po, perché mia madre ha l'anemia mediterranea, malattia che ha trasmesso alle mie cinque sorelle (solo io non sono talassemica).

Mamma Maria racconta che suo padre, con un fratello ed un gregge, giunse e si stabilì nel paesino della campagna noalese dove lei è nata e cresciuta, e dove tuttora risiede.
Dunque, il mio nonno materno fu pastore.
Lui e suo fratello smisero di pascolare il gregge, divennero muratori e presero moglie.
In uno spicchio di terra selvatica che aveva un lato sul fiume Muson, costruirono una modesta dimora composta di quattro piccole stanze su due piani: camera e cucina per la famiglia dell'uno, camera e cucina per la famiglia dell'altro. Il cesso era fuori, nel cortile che dava sul fiume: una buca per terra riparata da poche malferme assi di legno.

Mio nonno ebbe cinque figli, due maschi e tre femmine, una delle quali morta piccolissima; suo fratello ne ebbe sette, due maschi e cinque femmine.
Due famiglie, quindici anime, tutte in quella piccola casa sul fiume? Si e no.
Il fratello di mio nonno rimase vedovo; si ammalò di stenti e, ancora giovane, anche lui lasciò questo mondo, la casa ed i figlioli. I piccoli orfani furono adottati da mio nonno Luigi e così, in quella casa, le famiglie non erano più due, ma una, numerosa e insostenibile.
La miseria era tanta e non c'era posto per tutti; così le femmine, fatti i dieci anni, dovettero essere mandate "a servizio" presso famiglie benestanti e, a casa, tornavano una volta l'anno.
A mia madre, l'ultima nata, toccò di andare a Firenze in una famiglia che la trattava male. Piangeva sempre e la sgridavano sempre. Per lei il "servizio" durò poco; venne rispedita a casa e dovette andare a lavorare "in fornace", a portar carriole.

Io, molto piccola, andavo nella casa della nonna che viveva con i maschi "zitelli" e ricordo la cucina con il profondo nero focolare dove era sempre viva la brace e da cui pendeva un grande paiolo di rame. Ricordo che andavo sulla riva del fiume, sul pontile che fungeva anche da lavatoio, protesa nell'acqua a giocare con i girini. Non c'era il senso del pericolo. C'era l'Angelo Custode!

giovedì 10 luglio 2008

PROTEZIONE CIVILE ( ci sei? )


Venezia, 9 lug. - (Adnkronos) - Fiamme e fumo denso si sono sprigionati questa sera da alcune torce dello stabilimento Polimeri Europa Porto Marghera. La Protezione civile del Comune di Venezia comunica che il fumo denso e le fiamme, visibili dalla laguna di Venezia, sono dovuti ad uno "sfiaccolamento" delle torce causato da un blocco del processo di cracking dovuto ad una improvvisa mancanza di vapore. Non si tratta, pertanto, di un incendio a impianti o a depositi.
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Ho visto la colonna di fumo scuro nel cielo terso. Venivo dal Terraglio e andavo verso il centro di Mestre; verso casa mia; verso il fumo.
Ho pensato ad un incendio nel petrolchimico e mi sono preoccupata. Erano le 20,18 ed ho telefonato ai Vigili Urbani per notizie, per sapere se fosse pericoloso avvicinarsi. Mi risposero che sapevano del fumo e che dovevano sentire i Vigili del Fuoco per saperne di più.
Io mi avvicinavo mentre il fumo, sempre uguale per intensità e colore, si spingeva (fortunatamente per me) verso nord est, verso Burano. A casa ho chiamato la Protezione Civile: al numero verde si è attivata la segreteria telefonica ("lasciate il Vostro messaggio"), mentre al numero della Sede di Venezia, ora libero ora occupato, non ha risposto nessuno.
Mi sono arresa. Mi sono tranquillizzata solo quando, dopo le 21, il fumo è cessato.
Quali veleni c'erano in quel fumo e dove sono andati a fare danno? Noi ci salviamo con le targhe alterne!
Ma non è questo il punto.
Qualche mese fa, ancora di sera, dallo stesso posto (a poco più di un Km, in linea d'aria, da casa mia), si è levato uno straordinario roboante chiarore di fuoco ed io, anche allora, provai a contattare le Istituzioni locali cercando qualcuno che mi desse informazioni. Nessuno che abbia risposto.
Sono arrivata a chiamare le redazioni dei giornali e, a "La Nuova Venezia", ho trovato finalmente una persona cordiale, allertata dall'evento, a cui ho potuto esprimere il mio disappunto per la totale impossibilità di comunicare con le Istituzioni dopo i normali orari d'ufficio.

Cos'è la protezione civile? è un ente burocratico a cui telefonare in orario d'ufficio? è un servizio strategico e logistico che interviene solo a disastri avvenuti?
Credo che "protezione" debba avere il senso di "tutela preventiva", ma la cittadinanza non conosce modi e tempi di allarme in caso di pericolo incombente.

Affidiamoci alla protezione divina!

venerdì 27 giugno 2008

NOI E LORO


Siamo terra di conquista per nuovi colonizzatori e disperati che guardano all'Italia come noi si guardava all'America. Entrano numerosi da ogni parte e con ogni mezzo, legalmente o illegalmente, chi con protezione di tipo mafioso e chi senza rete. Le nostre Autorità locali non sanno governare la situazione e non sanno quanti sono gli irregolari; si limitano a fare inattendibili stime e inosservate ordinanze. Intanto loro sono dovunque, insediati nei nostri centri storici con attività commerciali o accampati nei condomini del centro. La nostra piazza è invasa da bangladesi, indiani, pakistani e "slavi" (africani e cinesi si vedono in giro solo per ragioni pratiche e non per svago). Dovunque e ripetutamente c'è chi ti chiede la carità o chi ti vuol vendere le rose della sopravvivenza. Quando di sera vai a fare due passi in centro, ti senti a disagio perché non senti quasi più il parlare di casa tua.
Se hai bisogno del tuo medico o del pronto soccorso, ti ritrovi a fare interminabili attese. In coda, per uno di noi ci sono due o tre di loro ... con tanti bambini.
Mi è capitato che maschi asiatici usurpassero la mia precedenza al caffé : sono donna e questo basta per passarmi avanti senza creanza! Mi è capitato che femmine asiatiche, ben mimetizzate nei loro teli, affermassero di essere incinte per pretendere la precedenza alle casse dei supermercati. Quando le vedi lasciale passare, perché loro sono sempre incinte!
Non se ne importano delle nostre regole di convivenza civile però conoscono bene tutti i loro diritti.
noiloro facciamo niente in direzione dell'integrazione perché non capiamo dove andiamo a parare e, mentre i predicatori dell'accoglienza vivono privilegiati nei loro spazi protetti, noi ci dobbiamo adattare ad una convivenza precaria che alimenta sentimenti di insicurezza e diffidenza.
La vita si è fatta dura anche per noi e la nostra ostilità non è razzismo, è semplicemente una espressione di buon senso dettata dall'istinto di sopravvivenza.

Loro simulano mansuetudine per opportunismo ma hanno lo sguardo sprezzante e, consci della nostra intima insofferenza, sono pronti a vomitarci addosso tutto il rancore che hanno in animo.
Sono così tanti che se si dovessero aggregare, dovremmo temere.

L'altro ieri ero in un negozio ed è entrato un giovane di colore per elemosinare. Si è rivolto alla commessa: "se non hai nulla contro i neri, dammi qualche moneta per mangiare". La commessa che troppo spesso ha a che fare con simili insistenze, l'ha invitato a non importunare e ad andarsene. Una mezz'ora dopo, ho incontrato lo stesso ragazzo che puntualmente mi è venuto appresso con aria di sfida: "per te bianchi e neri sono uguali? ... se mi dai qualche soldo allora vuol dire che non ce l'hai coi neri".
Altrimenti?

Io vivo e lascio vivere, ma sono preoccupata e mi sento insicura. Ci vogliono regole, fatte e fatte rispettare.

martedì 17 giugno 2008

ITALIANI POVERI



Imperversa martellante questo assunto : "non si arriva alla fine del mese" e, ultimamente, "non si arriva alla terza settimana".
Le stime ufficiali dicono che il 30% delle famiglie italiane vive con redditi da fame.
C'è da crederci? E' vero sì che il potere d'acquisto di salari stipendi e pensioni si è ristretto, ma è pur vero che si continua a vedere in giro un gran "spendere e spandere".
Sono anni ormai che si vive sopra le righe.
Dagli anni novanta i giovani non rinunciano allo spritz prima di cena e alla birra dopo cena. Non si sa stare in compagnia senza il bicchiere in mano. Un'abitudine che fa male al portafoglio e alla salute. I bar con plateatico in piazza sono sempre molto frequentati. Sedersi costa assai: minimo 5,00 € per due caffè. Nelle tabaccherie, tappezzate di gratta e vinci, c'è sempre la fila di chi compra cartelle e di chi gioca al lotto, spendendo tanto e di continuo.
E che dire di quello che si vede al supermercato?
Sovente mi servo in un supermercato alimentare non discount di Marghera, frequentato (in gran parte) da una popolazione buzzurra ed ingombrante: anziani scoreggioni e dementi; operai nostrani e foresti che emanano nauseanti zaffate di sudore stantio; ineducati e prepotenti. Osservo e vedo troppi di questi tangheri manipolare frutta e verdura con villania, senza occuparsi se il danno ricade sui prezzi; prendono il meglio senza misura, senza porre occhio al costo : ciliegie a 6,00€ il kg; albicocche, pesche e pere a 3,50€; insalate fresche lavate "pronte da condire" (due etti costano quasi quanto un chilo di verdura da pulire); etti ed etti di affettati che sembrano risolvere pasti ma che spesso restano in frigo a irrancidire; pesce a prezzi folli (piovra a 15 euro).
Queste sono le persone che si lagnano per il costo di pane pasta e latte.

Non sono tenera nemmeno verso i poveri anziani che rubano nei supermercati e magari hanno il gruzzolo da parte. Il rubare è un vizietto che se uno non ce l'ha da giovane, non ce l'ha nemmeno da vecchio. Se uno cicala era, cicala rimane. Nelle medesime condizioni, c'è chi non ce la fa e chi riesce pure a risparmiare.

Vedendo questo ed altro, vien da pensare che gira più denaro di quello che risulta al fisco e all'Istat. Immagino che molti godano di risorse occulte. Altrimenti come si spiega tanta leggerezza nello spendere?
Se non mettiamo giudizio domani saremo indebitati e poveri, più poveri degli stranieri che sono venuti e vengono qui ad occupare i posti di lavoro che noi snobbiamo.

Dobbiamo, nostro malgrado, prendere atto che è finito il tempo delle vacche grasse ed occorre recuperare il senso del necessario; occorre darsi una regolata senza piangersi addosso e senza invidia verso chi, con o senza merito, può di più.

I primi a lamentarsi sono i mediocri, quelli che un tempo, grazie all'interessamento del notabile di turno, trovavano la sistemazione per la vita e si permettevano di sputare sul piatto dove mangiavano. Al tempo del posto sicuro si poteva constatare che a lamentarsi erano sempre i soliti, i "trainati" senza merito sempre pronti a scioperare i quali, complici i sindacati, avevano ottenuto di essere remunerati quanto i "trainanti".
Capaci e intraprendenti oppure imbecilli e lavativi: tutti uguali.
Questo malinteso concetto di uguaglianza ha portato ad un demotivante appiattimento salariale, così che troppi "senza arte né parte" avevano raggiunto un immaturo benessere e, come "borghesi piccoli piccoli", si sono consegnati al consumismo per l'ambizione di apparire. E allora ... vistose automobili, abbigliamento griffato, ristoranti, vacanze esotiche, cocaina.
Gli stessi borghesucci hanno allevato una generazione di cicale che ha smarrito valori e ideali, che non riesce a fare un passo indietro, a cui non resterà che piangere.

Affascinati dal canto delle sirene, ci si è lasciati trasportare ed omologare nel benessere effimero e si è smesso di pensare, di studiare, di educare.
Spendendo si è creduto di dar fiato all'economia ma si sono ingrassati imprenditori mai sazi che, per tutta risposta, espatriano la produzione cancellando posti di lavoro, e poi ... importano i loro stessi prodotti lasciando all'estero ricchezza ... mentre i "saggi" fanno i conti con il PIL.
Abbiamo vissuto da sciocchi e adesso ci si deve barcamenare nel mezzo di una barbara globalizzazione economica ed umana.

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Io sono stata dignitosamente povera ed ho imparato ad accontentarmi. Da sempre rispetto il denaro e lo uso con parsimonia anche oggi che potrei permettermi qualche sfizio in più. Sempre e comunque la mia regola è "l'ottimo economico": il meglio al minor prezzo o il prezzo in funzione dell'utilità e della durata del bene da acquistare. Nei limiti del possibile, compro merce "made in Italy". Gestisco le mie risorse con avvedutezza; spendo senza fretta e senza spreco; non ho ansia consumistica; guardo, considero e prendo, o rinuncio senza rammarico.

venerdì 23 maggio 2008

CONTATORE



Guardo con interesse il contatore delle visite sul mio blog per vedere da dove mi vedono e cosa si cerca nel web. Da un mese, suppergiù, primeggia "Lettera alla maestra", un'epistola che ho postato a novembre dell'anno scorso e che sembrava interessare poco o niente. In questi giorni, le visite al suddetto post sono aumentate: sono circa l'80% del totale e pervengono da sud a nord, indistintamente.

Perché interessa tanto la lettera alla maestra? Non penso affatto che la gente si sia evoluta intellettualmente e che abbia bisogno di argomenti dotti; continuo invece a pensare che i più siano rimasti terra-terra, tant'è che molti hanno bisogno di sostegno anche per scrivere lettere/letterine di saluti e di ringraziamento ad insegnanti, alla fine dell'anno scolastico. Mi piacerebbe tanto sapere se le persone con difficoltà alfabetiche sono i genitori degli alunni o gli alunni stessi.
Possibile che non si riesca a scrivere con semplicità ciò che si ha in animo? Ma forse nell'animo non c'è un bel niente e si vuole comunque essere ossequiosi.
Un tempo c'erano gli "scrivani" per gli analfabeti. Oggi, c'è internet che fornisce "pappe pronte".
Perché spremersi le meningi?
Internet per scrivere e calcolatrici per "far di conto": così si forma il moderno analfabeta.


giovedì 15 maggio 2008

MASCHIO O FEMMINA ?












Nell'ambito di un colloquio di lavoro, è stato chiesto a G... che cosa vedesse nel suo futuro e quali fossero le sue ambizioni. Ritengo si aspettassero una risposta del tipo: "se avrò l'impiego, lavorerò con impegno per crescere professionalmente e far carriera", ma lui rispose con sagacia: "mi piacerebbe diventare papà".
Dal mio punto di vista è stata data una risposta intelligentemente evasiva ad una domanda pedestre.

Un bel preambolo per dire che G... (figlio unico) amerebbe veramente diventare papà e la sua N... amerebbe molto diventare mamma.
Quando lo vorranno, saranno genitori e saranno buoni genitori perché hanno tanto cuore e tanto cervello.
Ma avranno figli maschi (XY) o figlie femmine (XX)?
Poiché è il maschio a determinare il sesso, vediamo cosa alberga nel patrimonio genetico di G... :
maschi da parte di padre; femmine da parte di madre.
Infatti, il papà ha solo fratelli maschi che, a loro volta, hanno solo figli maschi. Questi ultimi, viceversa, non sembrano aver ereditato i caratteri paterni e stanno procreando solo femmine.
La mamma, invece, ha tutte sorelle. Evidentemente il nonno materno di G... aveva il "fattore X" predominante.
G... somiglia al padre nei tratti facciali, ma strutturalmente e caratterialmente somiglia al nonno materno. Nonno e nipote sono nati sotto il segno del cancro. Entrambi carismatici, estroversi, versatili, irritabili, generosi, romantici e ... dotati di abilità culinarie.
Se le mie elucubrazioni possono avere un senso, anche G... (come i suoi cugini da parte di papà) avrà figlie femmine e così, con la prossima generazione, va a farsi benedire l'egemonia di un cognome che qualcuno in famiglia voleva e vorrebbe blasonato.
Diversamente, se maschio dovesse essere, potrebbe venire al mondo in compagnia, dal momento che il padre di G... è gemello monozigota.

Auguri e figli ... (maschi? femmine?) ... sani e belli!

lunedì 5 maggio 2008

"BERTO" ANIMA IL "MONTE PIZZOC"

Il 1° maggio, con il bello o con il cattivo tempo, "Berto" apre il Rifugio Città di Vittorio Veneto che sta sui 1.573 m. del Monte Pizzoc. Lì si può mangiare e bere tutta l'estate.
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"Berto" è uno che guarda i giovani e pensa per loro luoghi di aggregazione e ricreazione. Il suo "popolo" lo segue ormai da anni e lo ha seguito finanche in cima al Monte Pizzoc, osando percorrere un bel tratto di strada stretta, sconnessa, con strapiombi senza protezione, che diventa "da paura" quando due veicoli incrociano.

Grazie a Berto, il Pizzoc d'estate si ripopola. E' un richiamo, una meta rituale per "giovani di ogni età" e famiglie che, nonostante la strada pericolosa, arrivano su con auto moto e camper. Arrivano frequentemente anche i "camminatori della montagna" che, scarponi e zaino, vanno e vengono da Vittorio Veneto al Rifugio "degli Alpini", scalando un dislivello di circa 1.400 metri.
Berto, la sua Famiglia e la sua "squadra di laboriosi", mettono l'anima in questa e in altre iniziative "socialmente utili".



1° maggio 2007
soleggiato
(eravamo tantissimi, fuori e dentro...






... e c'era anche la musica)









1° maggio 2008
maltempo
(eravamo comunque tanti. Chi fuori...








... e chi dentro)





Guai a snaturare il Pizzoc. Guai alla sua privatizzazione.
Guai ad incidenti per via di quella strada disastrata, oramai frequentatissima. Le "Competenze Istituzionali" sanno! e devono metterla in sicurezza al più presto!





mercoledì 23 aprile 2008

ESSERE

Sulla tua bara, solo una calla. Quale fiore poteva rappresentare meglio la tua essenza?

Calla vuol dire "bello". E' il fiore di una pianta perenne, sempreverde; un fiore dalla "forma perfetta e rigorosa"; "semplice e composto, incarna un'idea di sobrietà". E' il "simbolo dell'amore e della bellezza semplice".
La calla parla di te, del tuo essere per gli altri prima che per te stessa.
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Ci sono emozioni che si possono solo vivere. Ci sono emozioni che si dicono e ci sono emozioni che si scrivono.
Queste sono le emozioni del tuo Carlo appena ti sei spenta alla luce terrena per accenderti alla luce Celeste:

è il tempo

il tempo è sospeso!
il ciliegio esaspera ogni suo fiore,
aspettando l'antica fatica dell'ape

il tempo è sospeso!
incerto anche il cielo nel suo lagrimare
per colorarsi poi in feste, di arcobaleni

il tempo è sospeso...
come un sabato santo di andati sapori
denso di trepide, silenti attese

il tempo è sospeso...
come di non fare, come di non dire;
ma sentirti vicino, quasi di intrigo

il tempo è sospeso:
si è fermato il villaggio, per non esserti peso
nel nuovo inatteso, splendido viaggio

il tempo è sospeso:
pare lieve ogni cosa, come un'ala leggera
come i tuoi occhi... freschezza di giada



giovedì 27 marzo 2008

"RAPPORTI DI CONVENIENZA"









Non ho mai avuto l'amica del cuore. Tutt'al più ho avuto amiche occasionali di convenienza. Convenienza solidale, non economica, naturalmente.

Devo dire che non sono fatta per il gineceo e non riesco a legare con il genere femminile che troppo spesso percepisco frivolo nella conversazione e negli atteggiamenti. Purtuttavia riconosco che ci sono donne capaci, dotate di grande forza mentale e grande forza d'animo.
Ad ogni modo, per quanto accada di rado, mi è capitato di avere "un uomo per amica". Si tratta di un uomo che per parecchi anni ho avuto come collega d'ufficio. Un uomo come pochi: di bell'aspetto e di belle maniere, affidabile e coscienzioso; uno che ha una conversazione aperta e versatile; uno che come parla così ascolta.

Io sono espansiva per natura e sincera (spesso anche troppo), e socializzo facilmente, ma non mi aspetto dagli altri altrettanta benevolenza. La vita mi ha insegnato a relazionarmi con accortezza e a non essere invadente; perciò volentieri prendo le persone quando e come vengono e le lascio senza rammarico quando se ne vanno.
Non c'è alterigia o egoismo in questo mio modo "conveniente" di rapportarmi agli altri.
In gioventù non avevo pregiudizi ma nel tempo, e specialmente nell'ambiente di lavoro, mi sono trovata a dover fare i conti con i comportamenti insinceri ed opportunistici del mio prossimo ed ho maturato un atteggiamento mentale di cautela.

Provo qui a ripercorrere a grandi passi il mio trascorso lavorativo, cercando di spiegare perché non mi riesce di relazionarmi spassionatamente.

L'impatto con il lavoro in banca è stato sconcertante. Il direttore di allora, prima di tutto, ci tenne a puntualizzare che io gli ero stata imposta e che lui non avrebbe voluto donne nell'organico della sua sede, perché improduttive. A lui bastava quella che c'era, la sua "segretaria" (gli dosava pure le medicine), la quale spesso era assente per motivi personali. Subito mi chiese se ero fidanzata e se avessi intenzione di mettere su famiglia; quindi, lungimirante com'era, per ripartire i disagi che avrei potuto arrecare con le mie assenze per gravidanza, pensò bene di assegnarmi a due uffici i cui "capi" si contendevano la mia persona per lavori insulsi e ripetitivi.
Non potevo accettare una tale discriminazione ed ho voluto misurarmi con il genere maschile sui lavori di concetto e sui rapporti con la clientela, riuscendovi benissimo peraltro. Tant'è che per più di trent'anni ho lavorato con bravura nel settore "impieghi", nell'assistenza creditizia alle imprese.
(che stress dover essere brava due volte per ottenere credito da parte di maschi arroccati su una atavica mentalità borbonica !!)
In banca, durante i lontani primi due anni sono stata praticamente unica donna, giovanissima, in mezzo ad una trentina di marpioni. C'erano sì persone qualificate e stimabili, ma i più erano uomini di poca levatura: c'erano squallidi, fannulloni, leccaculo, sboccati e puttanieri. C'era chi andava fuori misura con la lingua e con le mani, ma io mi difendevo benissimo. Avevo adottato il principio secondo cui "la miglior difesa è l'attacco" e mi riusciva di spiazzare i maldestri provocatori con la tecnica del rilancio. In questo "gioco" avevo dalla mia parte un collega gay, intelligente e schietto, a cui raccontavo avventure e disavventure.
Via via sono arrivate altre donne (ben poche con la "D" maiuscola) .... e sono incominciate tresche, maldicenze, ostentazioni, rivalità, dispetti .... e l'aria è divenuta pesante.
Ho respirato quell'aria inquinata per tanti anni e qualche pugnalata alle spalle l'ho ricevuta. Ero invidiata (dalle donne soprattutto) per la considerazione di cui godevo, e forse anche per la mia femminilità.

Se non si ha spirito di adattamento e nervi saldi, anche negli ambienti amministrativi ci si può ammalare. Buona regola è fare bella faccia a cattivo gioco e tenere le distanze dalle vicende altrui; essere più arbitri che giocatori e concepire i rapporti interpersonali in modo convenzionale.

lunedì 17 marzo 2008

SESSODIPENDENZA




Il titolo di questa foto è "vuoti"

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Chi attiva un blog, non lo fa per parlare a sé stesso; lo fa per comunicare qualcosa a qualcuno. Possibilmente per interloquire.
Ho postato già molti condensati (così li chiamo io!) e molte foto, e non credo di aver fatto un lavoro del tutto banale.
Ho un "contatore" che registra le visite di questo sito e vedo che qualcuno mi intercetta su argomenti che ritenevo desueti (vedasi "Cassa Peota"), e questo mi fa piacere. Ma ciò che mi delude è constatare che oltre il 70% dei visitatori arriva sul post "Puttane e Puttanieri"; vi arrivano a tutte le ore, specialmente dall'Italia centrale, specialmente dall'Emilia Romagna. Come a dire che questa è la materia più ricercata nella rete. Ho capito che basta usare una terminologia volgare, seppur appropriata, per diventare interessanti. Perciò il titolo di questo intervento è volutamente spinto, un nuovo terreno di prova per saggiare la diffusione dei tabù sessuali.
Sicuramente i curiosi del sesso non trovano qui quello che cercano e, immagino, nemmeno leggono quello che ho scritto. Ma è sintomatico di quante siano le persone che rivelano di avere vizi privati.
Viviamo in un tempo smodato in cui si assume tutto e il contrario di tutto; si disorientano i deboli e si semina solitudine; non si pensa a colmare i vuoti culturali che imbarbariscono l'animo umano.

giovedì 13 marzo 2008

OCCHI AZZURRI


avevo 18 anni
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Ero bella e sagace, estroversa e anticonformista, disponibile e leale. Il mio spirito libero era biasimato dai paesani bacchettoni ma io non me ne curavo e andavo avanti per la mia strada, sicura di poter fronteggiare con successo tutto e tutti. Volevo un ruolo da protagonista nella commedia della vita.
Nel corso degli anni, più volte sono stata avvicinata da persone che dicevano di conoscermi al tempo della scuola, persone che ci tenevano a testimoniare il carisma di cui godevo. Erano i professori stessi a parlare di me nelle altre classi e io non lo sapevo. Mi è stato detto che facevo tendenza ... pure nel vestire. E' possibile. Mi ingegnavo come potevo. Scucivo e ricucivo abiti smessi, specialmente quelli che una ricca signora di Venezia mi portava quando veniva in paese, nella sua villa di campagna.
Mi viene in mente che, anticipando Raffaella Carrà, mi ero confezionata un bellissimo abito "stile odalisca" che lasciava abbondantemente scoperto l'ombelico. Certamente non l'ho indossato a scuola e nemmeno in paese. Lo portai in crociera e fui corteggiata; lo portai nel vercellese bigotto, dove andai ospite di lontani parenti, e feci scandalo.

In questo post rivelo il mio volto giovane, tratto da un ritaglio di giornale che conservo gelosamente perché mi riporta alla mente una storia simpatica che qui di seguito racconto.
Non ricordo il fine (forse solo per mettermi in mostra), certo è che inviai la mia foto accompagnata da dati personali, ad un settimanale che la pubblicò.
Gli effetti ci furono, impensati ma pensabili.
Era settembre e tornavo dall'esame di riparazione di filosofia. Mio padre mi stava aspettando sulla porta di casa con un atteggiamento severo. Mi disse: "mi auguro che sia andato tutto bene"; "sicuramente" risposi. Entrammo, e lui: "cos'è questa roba?" Sul tavolo di cucina c'era una montagna di posta da tutta Italia e anche dall'estero. Non potevo immaginare una cosa simile. La maggior parte delle lettere era scritta da carcerati; qualcuna portava pure lacrime. Qualcuno mi mandava oggetti confezionati dietro le sbarre (ricordo uno splendido scialle bianco che restituii perché troppo impegnativo). Ho ricevuto foto e dichiarazioni d'amore.
Ho corrisposto in italiano con un bellissimo ragazzo austriaco ed in francese con un giovane architetto danese. Quest'ultimo mi inviava artistiche lettere con raffigurazioni che lui stesso disegnava a colori, e foto sue e della sua casa. Mi fece incontrare i suoi genitori in vacanza in Italia e mi propose di raggiungerlo, ma io non ero interessata ad una relazione seria e misi fine alla storia.
Ho bruciato tutto quel materiale ed ora me ne dispiaccio. Mi rimane solo il ritaglio di giornale sgualcito.

Di quel tempo breve, intenso e spericolato, posso raccontare solo le storie che non toccano la sensibilità di chi mi vive accanto; mentre molte esperienze di allora è giusto che restino nella mia mente.
Ho volato solo tre anni e poi mi sono piantata a terra. Con lavoro casa e marito ho smesso di sognare e sono diventata responsabile e prudente.

martedì 11 marzo 2008

"FOTO STORICHE"


anni 1940/1941 (cliccare per ingrandimenti)
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Il Vecchio e sua moglie erano di Vittorio Veneto ("razza Piave") e lì sono nati anche i loro figli.

Erano sopravvissuti alla Grande Guerra e sono stati al passo lungo i cinquant'anni centrali del secolo scorso, vivendo il fascismo, la Seconda Guerra Mondiale ed il boom economico.
Si sono fatti da parte quando è iniziata l'era informatica.
Erano soliti raccontare il bello ed il brutto del loro passato remoto: nel "bello" ricomprendevano il contesto storico sociale di quand'erano giovani (dicevano di come si stava bene sotto Mussolini. Non si dovevano chiudere porte e finestre per paura dei ladri); mentre nel "brutto" davano largo spazio alle laceranti cattiverie fra parenti.
Ora, per loro, parlano le "vecchie cose" rinvenute nella grande zeppa casa che hanno lasciato. Foto, libri, lettere, attestati, medaglie, monete, ecc. I figli hanno rovistato fra quei "ricordi" e ciascuno ha preso qualche pezzo di memoria da conservare.
Io ho preso in custodia le foto. E' incredibile quante siano quelle tramandate, scattate ad un familiare quand'era volontario nella Milizia Portuale fascista.
Ne ho scelte alcune e le pubblico.


Ho voluto aggiungere anche due cartoline dell'epoca, espressione della propaganda fascista.

giovedì 21 febbraio 2008

LEGATI DA UN UNICO DESTINO



Il Vecchio è caduto sulla soglia di casa ed ha battuto violentemente la testa. Dieci giorni di semi-incoscienza in ospedale, e poi ... la morte (65).

Ha fatto la stessa fine di sua moglie, pure lei morta per aver battuto la testa cadendo (65). Accadde nella notte buia del 28 settembre 2003, durante il lungo discusso black-out elettrico.
Lei, nata il 19/4/1913, è morta il 2/10/2003. (36=9)
Lui, nato il 6/8/1912, è morto il 15/2/2008. (45=9)
Lei, devota saggia e generosa, lui ... (di lui ho già detto).
Si erano sposati nel 1938 ed avevano già festeggiato i 65 anni di matrimonio quando il destino li ha separati. Mancata lei, lui è rimasto senza terra sotto i piedi e non si rassegnava all'idea che anche le forze gli venissero a mancare. Non accettava cristianamente la sua condizione di vecchio e si augurava di morire.
Ora le sue ceneri riposano accanto a quelle della sua consorte.

Ha lavorato "in divisa" ed ha vissuto più di 35 anni da pensionato con incarichi associativi di tenore festaiolo. Al suo funerale c'era il Comandante della Polizia Municipale con una folta rappresentanza di Agenti in uniforme.

(spero non ce ne voglia, dall'Alto, se nelle epigrafi ci siamo scordati di far precedere il suo nome dal suo titolo di Cavaliere Ufficiale)



domenica 3 febbraio 2008

FANTASIE EROTICHE A 94 ANNI


Il Vecchio ha vissuto solo per sè stesso e per comparire. Supponente iracondo e opportunista dentro e fuori casa. Sono tante le storie che si potrebbero raccontare per rappresentare la sua grettezza d'animo.
Non ha un legame affettivo con i tre figli maschi che, per quanto possono, gli stanno alla larga; la sorella, distrutta nell'anima da quando la morte le portò via l'unico figlio già ventenne, lo odiava per le sue vanterie e l'ha totalmente diseredato; le nuore sono state umiliate e lo detestano.
Come un figlio, è stato viziato da una moglie paziente e servizievole, votata alla famiglia.
E' rimasto vedovo alla fine del 2003, a 91 anni, ed era in grado di badare alla sua persona, ma non sapeva fare nulla di nulla in casa. Quindi ha assunto una colf, una moldava di 27 anni, che due anni dopo ha ospitato in casa sua. Il vecchio egoista, avaro ed insolente, le pagava il dovuto ma gli sembrava di venir dissanguato e per questo non mancava occasione per mettere in chiaro che lui è il padrone e lei la serva; si lamentava perchè la serva non era brava ed economa come la sua povera moglie, ma non la voleva cambiare. Non poteva più fare a meno di quella presenza per casa. Quando lei era assente per ferie o altro, lui era nervoso fino a dar di matto e sbeffeggiava le sostitute.
La giovane extracomunitaria, sola e apparentemente sottomessa, stimolava fantasie erotiche nella testa del maschio ormai novantaquattrenne, che quasi non si reggeva in piedi ma non esitava entrare nella camera di lei per vedere e toccare la biancheria intima.
Nel 2006, la moldava non ne può più di essere importunata; non sopporta più avances del tipo: "vienimi vicino che ti accarezzo", "siediti sulle mie ginocchia" o "vorrei baciarti"; e mentre lei si schermisce, lui incalza: "ti faccio tanto schifo?". (fa proprio tanto schifo!)
La donna offesa, riferisce tutto ai figli del vecchio; piange, si dice spaventata e chiede un confronto. Nel confronto, il vecchio non nega e ed accetta di essere rimproverato. Lei, facendosi forte di questa storia, ha cominciato a comandarlo a bacchetta, e a lui va bene anche così. Vuole lei ad ogni costo e le lascia fare o non fare. Ora è lei la "padrona" di casa.

Lui, sempre più vecchio, ha perso l'amor proprio ed ogni remora ma non l'egoismo e l'avarizia. E' sempre contento quanto vede o sente che qualcuno più giovane di lui sta male. Non dà niente e tutto gli è dovuto. Lui non chiede, ordina. Lui non ringrazia. Prenota i suoi regali di Natale e di compleanno, però non fa gli auguri ai figli quando sono loro a compiere gli anni. E' capitato che a Natale regalasse ad un figlio un panettone (avuto in regalo da un altro figlio) e che se lo facesse restituire per darlo alla colf. Il suo tempo da sveglio lo passa facendo conti, scrivendo e riscrivendo inopportuni testamenti, pensando ossessivamente ai soldi e a come comprarsi un posto in prima fila in Paradiso.
Spero non sopravviva ai figli.

Tornando alla colf, situazioni come quella che ho raccontato, sembrano essere frequenti e talora portano a pesanti conseguenze negli equilibri delle famiglie. Perciò gli esperti (coloro che curano le pratiche inerenti il rapporto di lavoro dei collaboratori familiari) raccomandano di sorvegliare e sostengono che sarebbe buona regola cambiare colf o badanti, soprattutto se straniere, almeno ogni due anni.
Nel caso del (nostro) vecchissimo, nessuno dei "vecchi" figli ha voluto prendersi la briga di affrontare la questione. Si spera non abbiano a pentirsene.


martedì 29 gennaio 2008

IGIENE PRIVATA (con giudizio)














bagno "padronale" di casa mia

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Prospetti acqua condominio :
Consumo per famiglia con evidenziato il consumo di casa mia (ingrandisci)
n.b. -la 2a e la 3a unità sono diventate uffici;
-la 1a e la 4a formano unica residenza;
-la terz'ultima abitazione è rimasta vuota sei mesi.

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Chi mi conosce e conosce la mia casa, sa quanto io sia esigente rispetto all'ordine e alla pulizia, sia personale che abitativa. Ordine innanzi tutto. Mio padre era severo in questo, e diceva frequentemente : "ogni cosa ha il suo posto ed ogni posto ha la sua cosa". E quando c'è ordine, si pulisce più a fondo.
Sono anche molto attenta ai consumi in genere: niente sprechi in ogni senso. Questa è l''impostazione mentale vigente a casa mia, ricevuta e trasmessa.
Relativamente all'acqua, il bene vitale per eccellenza, voglio esporre alcune osservazioni suggeritemi da condomini che si sono permessi di fare ironia sul "poco" consumo che si fa all'interno 6 : 55 mc per persona nel 2007 (150 litri al giorno), mentre altri consumano fino a 113 mc a testa (310 litri al giorno). Per quanto manchino di attenzione e di senso civico, come fanno a buttare tanta acqua?
Mariti e figli, si sa, non si occupano di lavatrice, raramente fanno andare la lavastoviglie, fanno fatica a lavarsi i denti e spesso fanno la doccia in palestra. Non sono propriamente loro da rimproverare. Sono più le donne di casa, quelle prive di buon senso, che sprecano senza misura, e magari hanno i sanitari incrostati. Non è con lo scroscio che si pulisce il wc; non è con il rubinetto a tutta pressione che si risciacqua meglio. Se si usano con parsimonia i detersivi, si risparmia acqua e olio di gomito. Attenzione alle colf straniere che non hanno mestiere e consumano con dispetto la roba altrui (ne avevo una che in due volte faceva fuori un litro di ammoniaca; figurarsi il resto!).
Dove abito io, abitano alcuni boriosi che, per quanto vedo e sento, provano piacere nel mostrare di essere grandi consumatori. C'è quella che si vanta di fare tre lavatrici al giorno; c'è chi fa andare l'innaffiatore automatico anche quando piove sulle piante; c'è chi usa la vasca idromassaggio; c'è chi abusa di detersivi fino a ostruire gli scarichi comuni. Finiranno presto nella merda!
A casa mia si lavano i piatti a mano; si fanno due lavatrici la settimana (tende a parte); non si tira l'acqua del wc solo per scaricare 10 capelli tolti dal lavandino; la vasca da bagno si usa solo per lavare capi ingombranti; le piante sul terrazzo si innaffiano quando hanno sete. Ci si lava i denti dopo aver mangiato; ogni mattina ci si lava viso collo sedere (volevo dire culo ma se uso vocaboli scurrili, Michela mi sgrida) e ascelle; il bidet si fa anche la sera prima di coricarsi (....) e, necessariamente, ogni qualvolta si defeca (e qui sarebbe più appropriato dire "si caga").
La doccia non dev'essere per forza un'abitudine quotidiana e ognuno deve sapere con quale frequenza lavarsi: ci sono persone che possono benissimo stare una settimana senza docciarsi. E' meglio l'odore della pelle che il profumo dei saponi.
A casa mia si beve acqua di rubinetto. Niente acque minerali.

Penso che il consumo domestico d'acqua oltre gli 80 mc pro capite, per anno, dovrebbe essere multato.

mercoledì 16 gennaio 2008

INNAMORAMENTO E AMORE


Se chiedi qual'è il valore più importante nella vita, ti senti rispondere: l'amore.
Ma quale amore? Trascendente o immanente? Spirituale o materiale? Durevole o volubile? Disinteressato o egocentrico? Gratuito o mercenario? ..... o .....? .... o ....? (non bastano gli aggettivi del vocabolario)
Ciascuno può dire la "sua" sull'amore, ma non sarà mai che un concetto senza tempo e luogo, possa essere compiutamente definito.
Vorrei provare a condensare la mia visione di un sentimento tanto sublime e, purtroppo, tanto inflazionato.

Per grazia di Dio, l'animo umano è propenso all'amore. Ha bisogno di dare e ricevere amore, tanto o poco che sia, oggi e sempre.
L'amore che nasce nella parte istintiva di noi, deve essere governato dall'intelligenza e dalla coscienza, e ad esse necessariamente si rapporta. L'amore senza "testa" è un amore animale ed egoistico, contingente ed irrazionale; è un fuoco di paglia; non è un seme che germoglia.
L'amore è "caldo" quando viene dal cuore, ed è struggente, appassionato, tenero, pacato o accorato; è "freddo" quando viene elaborato dal cervello, ed è rivolto a tutto ciò che esula dalla sfera affettiva e riguarda il "fare": fare bene e fare del bene.
L'amore più prezioso è l'amore per la vita e quello più grande è l'amore per i figli. Doveroso quello per sé stessi, per le proprie occupazioni e le proprie cose; naturale quello per i propri genitori e fratelli; altruista quello per il prossimo; civile quello per il patrimonio di tutti.
L'amore per la "persona amata", è il più difficile da definire perché è massimamente eclettico ed ognuno lo pensa e lo vive secondo la propria natura e la propria formazione.
Quando due persone sono attratte l'una dall'altra, si accende il desiderio, ma non è subito amore; al massimo si può parlare di innamoramento. L'innamoramento si manifesta sempre con sensazioni avvolgenti e non ha bisogno di parole e non pretende di essere "per sempre". E' un fremito ricorrente che troppo spesso si esaurisce nel rapporto sessuale, ma è anche il punto di partenza dell'amore vero e duraturo. Volersi è una cosa, volersi bene è un'altra cosa.
Purtroppo o per fortuna, le sensazioni forti via via si placano e le coppie che basano l'amore sulla libido, sono destinate a fallire. Durano, invece, le coppie che fondano il rapporto sulla condivisione, il rispetto, il dialogo, la pazienza e sulla confidenza, valori che sono i pilastri del vero amore.

Anche l'odio ha origine dall'amore: è amore tradito, è un angelo divenuto demonio. Come l'amore, ha diversi gradi di coinvolgimento e di sconvolgimento. (amor che nullo amato amar perdona...)

Sentimenti buoni e sentimenti cattivi sono connaturati e gestibili dall'intelligenza. Lo stato dell'anima che mi spaventa di più è l'indifferenza, un male che si va diffondendo e che porta le persone a morire dentro, ad essere passive o ciniche, capaci di annientare stesse e di commettere crimini.
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Mi sono cimentata su un argomento troppo complesso e più grande di me. Confesso che è stato difficile tradurre tanti pensieri in poche parole ed ora mi spiacerebbe cancellare tutto. Pubblico perciò questo post per me e per chi non ha di meglio da leggere.

mercoledì 9 gennaio 2008

LAVORO NERO



Evviva. Da questo mese mi pagano la pensione. Sono stata bancaria per 35 anni e 10 mesi, per nove mesi sono stata semplicemente casalinga e finalmente sono "pensionata".

Guardo indietro e, lontano, vedo il mio lavoro nero, un intero anno scolastico di lavoro che non posso vedermi riconosciuto.
E' capitato a molti di lavorare in nero, ma il mio è un caso piuttosto scandaloso che merita di essere raccontato.

La mia famiglia, nonostante fosse economicamente molto disagiata, mi permise di conseguire un diploma. Diventata maestra elementare, dovevo in fretta trovare un'occupazione e mio padre bussò alla porta dei suoi "amici". Immagino che fu la "Tina" a parlare con Gino Sartor, Sindaco di Castelfranco Veneto (già noto comandante partigiano), il quale mi offrì un posto di insegnante. A quel tempo, nella Marca, erano molte le scuole nate con il patrocinio dell'Onorevole Sartor; erano prevalentemente scuole-convitto per l'avviamento all'attività agricola e vitivinicola, e per recupero studi. C'erano anche le serali per adulti lavoratori.
Avevo 19 anni e sono stata chiamata ad insegnare a Castelfranco Veneto, in una scuola-convitto autogestita, che si era data l'obiettivo di ricercare le ragazzine a cui le famiglie avevano negato la scuola dopo la quinta elementare, e di prepararle all'esame di licenza media inferiore.
In pratica, il lunedì mattina un pulmino faceva il giro della campagna e dei paesini intorno a Castelfranco Veneto, raccoglieva le fanciulle reclutate e le conduceva nella casa-scuola dove erano accolte da insegnanti tuttofare, impegnate 24 ore su 24 nella sorveglianza, nell'insegnamento, nell'educazione civica, nelle attività domestiche (pulire, cucinare ecc.) e ricreative. La sede scolastica aveva un'allocazione -a dir poco- impropria. Era situata in appartamenti al secondo piano di un fabbricato il cui ingresso stava su un piazzale fronte strada, uso parcheggio, non recintato. Peraltro, al pianterreno dello stesso stabile, c'era un frequentato bar per cui le bimbe non potevano scendere se non accompagnate.
Il sabato mattina tutti a casa; stesso pulmino, percorso inverso.
Si trattava di un lavoro di grande responsabilità, sottopagato, che occupava quattro maestre per una quindicina di adolescenti dai 12 ai 14 anni. C'era la "badessa" animatrice dell'iniziativa, c'ero io la "novizia", e c'erano Maria Pia e Annalisa, due ragazze intelligenti ed emancipate che erano in quella scuola già l'anno prima. Maria Pia ed Annalisa sono state per me vere amiche; le ho perse e mi piacerebbe tanto ritrovarle.
La "badessa", una maritata acida come una zitella, era invidiosa della nostra giovinezza e della nostra amicizia e non perdeva occasione di renderci la vita difficile. Ricordo un fatto. Durante una lezione mi ruppi un'unghia e l'aggiustai con una forbicina. Com'è, come non è, avvenne che in una riunione con i genitori, l'acida mi richiamò per aver fatto la manicure in classe, contando in una reazione dei presenti. La cosa non ebbe effetto perché le bimbe, a casa loro, parlavano bene di me. E qui mi fermo perché mi accorgo di essere uscita dal tema.
Per quanto attiene la parte prettamente scolastica, io insegnavo matematica e geometria, storia e geografia. Credo di aver fatto bene il mio lavoro perché quasi tutte le mie allieve erano diventate brave nelle mie materie, anzi due di loro erano bravissime.

Allora non me lo chiesi, ma oggi mi chiedo:
-Con quale spudorata leggerezza venivano gestite quelle iniziative?
-Chi aveva la responsabilità civile di persone e cose? (Si sappia che mi sono trovata anche a gestire un episodio di crisi epilettica. Mi trovai di fronte una ragazzina che non sapevo malata, esagitata, con le bave alla bocca e gli occhi rovesciati; non sapevo che fare e le diedi la coramina. Per fortuna rinvenne!)
-Tutti gli occupati erano assunti per pietà politica, senza carte, e pagati in nero?
-Controlli zero?

Mi pare che oggi qualcosa sia cambiato.